ESCLUSIVAMENTE: la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni

di Orazio Amata

Un vecchio adagio recita che “la via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”.

È di questi giorni la notizia della riproposizione anche sul nostro territorio di una meravigliosa iniziativa, peraltro già sperimentata con grande successo in altre città del centro – nord, ad opera del proprietario del Luna Park e subito accolta con grande fervore da politici e cittadini comuni.

Udite udite! Per due ore e mezza tutti i cittadini disabili del Comune di Vibo Valentia (e qui mi chiedo se un disabile deve presentare anche il certificato di residenza o appartenendo ad un altro comune del circondario non potrebbe usufruire della generosa offerta) potranno usufruire gratuitamente ed in maniera ESCLUSIVA delle giostre e dei divertimenti del Luna Park.

Ma si sa, il diavolo fa le pentole e non i coperchi e così alcuni genitori appartenenti ad un’associazione di volontariato, la nostra io autentico OdV, hanno gentilmente e clamorosamente rifiutato l’invito innescando una serie di polemiche social tanto care ad alcuni leoni (o conigli!) da tastiera.

Eh si, perché una così generosa offerta non è lecita rifiutarla. E così i suddetti genitori sono improvvisamente diventati mostri che non vogliono il bene dei loro figli, come se mandarli al Luna Park risolvesse i problemi del deserto sociale che li circonda. Oppure sono quelli che preferiscono andare a Gardaland e pagare i divertimenti pur di non dare soddisfazioni al territorio. E così via, con una serie di improperi rivolti a chi ha semplicemente detto: grazie non fa per noi.

Costoro, che tra l’altro neanche conoscono i suddetti genitori, una domanda se la sono posta?

Bastava semplicemente chiedersi il perché hanno rifiutato l’invito.

Ma forse domandarsi qual è il bene di mio figlio è una domanda scomoda, perché per me è difficile dire a priori se una mia scelta avrà ricadute positive o negative sullo sviluppo di mio figlio: forse loro sono più bravi e conoscono già le conseguenze di tali scelte. Avranno la sfera di cristallo, boh!

In ogni caso l’oggetto del contendere è tutto in quell’avverbio: ESCLUSIVAMENTE.

E già, perchè già l’etimologia della parola dice tutto.

A questo punto torniamo a delle classi scolastiche esclusive per i disabili, creiamo degli ambienti di gioco, di lavoro, di vita esclusivamente per loro!

In fondo, decenni di battaglie per pretendere che queste PERSONE facessero parte della vita sociale in maniera attiva è stato il cruccio di alcuni pazzi visionari.

Pretendere che anche i nostri figli potessero contribuire al benessere collettivo è una pura utopia, soprattutto, e credetemi mi duole il cuore dirlo, nella mia amata Calabria e nella città di Vibo Valentia, città che può fregiarsi anche del titolo di Capitale del Libro, il che dovrebbe sottindentere ad una certa CULTURA.

No cari miei. Ciò di cui ha bisogno mio figlio, i nostri figli, è di essere immersi nella realtà alla pari dei cosiddetti normotipici, di imparare da loro cose che per loro appaiono scontate ma che per noi sono piccoli ma importantissimi traguardi, perché il nostro sacrificio quotidiano è improntato ad insegnare ai nostri figli la più ampia e possibile autonomia in un mondo che non è fatto a loro misura.

Noi vogliamo che i nostri figli acquisiscano (e insegnino) competenze da poter spendere nella vita, non due ore e mezzo di divertimento esclusivo!

E a chi afferma che preferiamo andare a Gardaland pagando piuttosto che usufruire della gratuità offerta mi permetto di ribattere che io personalmente, ma non credo di essere il solo, ho preferito portare mio figlio in un giorno qualsiasi, pagando il biglietto come tutti, anzi facendolo fare a mio figlio perché anche questo è un insegnamento di vita: dall’utilizzo del contante al concetto che nella vita non tutto è dovuto o gratuito! Poi, se voglio, credo di essere benissimo libero di portarlo dove voglio e pagare ti tasca mia il dovuto oppure usufruire delle agevolazioni previste per lui.

In ogni caso, per evitare qualsiasi polemica sarebbe bastato eliminare quell’avverbio e consentire l’ingresso a tutti e magari la gratuità alle persone con disabilità perché i nostri figli e credo tutti i disabili abbiano diritto anche alla socialità e non essere tenuti a parte, e magari nascosti, perché considerati mostri o una vergogna da nascondere. Un disabile non ha colpa della sua condizione ma siamo noi con il nostro modo di pensare, con il nostro pietismo a farli sentire diversi, se non nella capacità di svolgere alcuni mansioni, nella loro dignità di uomini e donne!

La vera vergogna e il vero male dei nostri figli è quando anche noi li consideriamo incapaci perché con disabilità e cominciamo a trattarli diversamente senza agire sull’ambiente in cui viviamo e su quella cultura che purtroppo ancora oggi imperversa e che li considera incapaci e un peso per la società, come se la loro condizione fosse una punizione per chissà quali peccati dei genitori!

Bisogna invece sovvertire questa mentalità anche se delle volte è come Don Chisciotte contro i mulini a vento. Spesso la disabilità è dovuto a questa mentalità, a una sorta di fatalismo che ci impedisce di stimolare e promuovere le capacità di queste PERSONE. È dovuta ad un ambiente in cui imperversa la mancanza di rispetto, ad una cultura dove il riconoscimento dei diritti è considerato un’elargizione di favori, dove, come se non bastasse la solitudine che sperimentano le famiglie, ci sono individui che rendono la vita ancora più faticosa.

A volte basterebbe un piccolo gesto di gentilezza per rendere questa nostra società più umana. Basterebbe accogliere le persone con disabilità con vera carità e non elargendo qualche mancetta per tenersi buona la coscienza.

Basterebbe avere un po’ di empatia nei confronti di queste persone e metterci nei loro panni: noi al loro posto come ci sentiremmo?

Ma forse sto chiedendo troppo….

Orazio Amata, Docente, Padre di Mario